lunedì 27 giugno 2016

Un nuovo Padrone

Se avrà l’investitura plebiscitaria che egli chiede ogni giorno, con una televisione pubblica ancora in mano ai partiti (di governo), e se, come è quasi certo, saranno convocate le elezioni politiche nella prossima primavera con la nuova legge elettorale Italicum” (si spera, di abrogare al più presto), il Presidente del Consiglio avrà un controllo completo del Parlamento.

Maggioranza assoluta alla Camera dei Deputati (chi vince il primo turno col 40% o al ballottaggio successivo prende tutto) e un Senato di 100 persone nominate tra i politici regionali di secondo piano (dei quali una certa parte di sicura fede governativa). Così potrà proporre, con la corsia privilegiata che la modifica costituzionale assicura al Governo, progetti di legge a raffica.
Non ci sarà più spazio per le proposte dei partiti e della società civile, e l’Italia potrà confidare solo su questo novello “uomo della provvidenza”; nel bene e nel male.
  
Se vince il SI al prossimo referendum Costituzionale, avremo un nuovo padrone dell’Italia.
Tramontate le fortune (politiche, non economiche e finanziarie) di Berlusconi, avremo un nuovo leader, per la verità non molto dissimile dal precedente, che punta ad un plebiscito sulla sua  leadership.

Se vincerà, potrà vantare di avere un consenso diretto, senza neppure la mediazione del suo partito, il PD, in quanto il popolo (così si dirà) si sarà pronunciato per lui.
L’Italia diventerà così una democrazia plebiscitaria.
Ma questo film, pur senza squadracce e olio di ricino, non l’abbiamo già visto?

Visto che, con i meccanismi dell’Italicum (la nuova legge elettorale), il premier avrà la maggioranza assoluta in un Parlamento fatto in buona parte da “nominati“, come ad esempio tutti i senatori, potrà parlare anche lui di “aula sorda e grigia?”.

Due sono i fattori trainanti della proposta di riforma della Costituzione italiana, nata dalla Resistenza;
1) Ridurre i costi della politica con la riforma del Senato.
2) Accelerare i tempi delle decisioni.
Sul primo punto va chiarito che il Senato non è abolito, ma solo ridimensionato nei numeri e nei poteri.
Resta tutto l’apparato amministrativo e del personale. Si riducono solo i costi dei compensi dei senatori. Da 530 milioni a soli 480 milioni l’anno. Un bel risparmio vero? Ma non era più semplice abolire il Senato?

Il secondo punto riguarda i tempi della legiferazione, che non sempre corrispondono all’efficienza e alla buona tecnica legislativa.
Ricordiamo infatti che leggi fatte approvare con la forte spinta del Governo, in tempi non lontanissimi (Governo Berlusconi) quali quelle sulla droga, sulla procreazione assistita, sul cosiddetto Porcellum”, sono state fatte a pezzi dalla Corte Costituzionale.

A conferma che la fretta è cattiva consigliera e che “la gatta frettolosa fa i gattini ciechi .

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