Se avrà l’investitura plebiscitaria che egli chiede ogni giorno, con
una televisione pubblica ancora in mano ai partiti (di governo), e se, come è
quasi certo, saranno convocate le elezioni politiche nella prossima primavera
con la nuova legge elettorale Italicum (si spera, di abrogare al più presto),
il Presidente del Consiglio avrà un controllo completo del Parlamento.
Maggioranza assoluta alla Camera dei Deputati (chi vince il primo turno col
40% o al ballottaggio successivo prende tutto) e un Senato di 100 persone
nominate tra i politici regionali di secondo piano (dei quali una certa parte
di sicura fede governativa). Così potrà proporre, con la corsia privilegiata
che la modifica costituzionale assicura al Governo, progetti di legge a
raffica.
Non ci sarà più spazio per le proposte dei partiti e della società civile,
e l’Italia potrà confidare solo su questo novello uomo della provvidenza; nel
bene e nel male.
Se vince il SI al prossimo referendum Costituzionale, avremo un nuovo
padrone dell’Italia.
Tramontate le fortune (politiche, non economiche e finanziarie) di
Berlusconi, avremo un nuovo leader, per la verità non molto dissimile dal
precedente, che punta ad un plebiscito sulla sua leadership.
Se vincerà, potrà vantare di avere un consenso diretto, senza neppure la
mediazione del suo partito, il PD, in quanto il popolo (così si dirà) si sarà
pronunciato per lui.
L’Italia diventerà così una democrazia plebiscitaria.
Ma questo film, pur senza squadracce e olio di ricino, non l’abbiamo già
visto?
Visto che, con i meccanismi dell’Italicum (la nuova legge elettorale), il
premier avrà la maggioranza assoluta in un Parlamento fatto in buona parte da
nominati, come ad esempio tutti i senatori, potrà parlare anche lui
di aula sorda e grigia?.
Due sono i fattori trainanti della proposta di riforma della Costituzione
italiana, nata dalla Resistenza;
1) Ridurre i costi della politica con la riforma del Senato.
2) Accelerare i tempi delle decisioni.
Sul primo punto va chiarito che il Senato non è abolito, ma solo
ridimensionato nei numeri e nei poteri.
Resta tutto l’apparato amministrativo e del personale. Si riducono solo i
costi dei compensi dei senatori. Da 530 milioni a soli 480 milioni l’anno. Un
bel risparmio vero? Ma non era più semplice abolire il Senato?
Il secondo punto riguarda i tempi della legiferazione, che non sempre
corrispondono all’efficienza e alla buona tecnica legislativa.
Ricordiamo infatti che leggi fatte approvare con la forte spinta del
Governo, in tempi non lontanissimi (Governo Berlusconi) quali quelle sulla
droga, sulla procreazione assistita, sul cosiddetto Porcellum, sono state
fatte a pezzi dalla Corte Costituzionale.
A conferma che la fretta è cattiva consigliera e che la gatta frettolosa
fa i gattini ciechi .
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