venerdì 29 aprile 2016

Renzi : o con me o mi dimetto

Il Presidente del Consiglio ne fa una questione personale.
O con me o mi dimetto.
Stia sereno e pensi a fare bene il Suo lavoro.
Legge elettorale e riforma della Costituzione non fanno parte del suo lavoro, poiché spettano al Parlamento.
Noi non faremo un referendum pro o contro il Governo perché la Costituzione non è un affare del Governo, checché se ne dica.
Anzi, il Governo deve sottostare e attuare la Costituzione; non pensare a manometterla.

Noi continueremo a sostenere la repubblica parlamentare e le sue istituzioni e saremo contro chi pretende di avere super maggioranze elettorali e super poteri per  stravolgere la forma di Stato nata dalla Resistenza.

 Riformando il Senato non aboliremo le spese per la politica, ma faremo ancora ingenti sprechi (rimarrà infatti la spesa di 490 milioni annui) per un “ dopolavoro di lusso”.
Rimarrà la Camera dei Deputati, immutata solo apparentemente nelle funzioni, ma il cui ruolo sarà ribaltato rispetto al Governo.
Ora è il Parlamento (Camera e Senato) che decide gli indirizzi politici del Governo, e questo dovrebbe limitarsi ad attuare le leggi.
In futuro, secondo la riforma Boschi, ci sarà un accentramento dei poteri nel Governo, ma anche la subalternità della Camera (senza più il Senato a fare da contrappeso) che deciderà l’agenda dei lavori parlamentari sommando, oltre all’obbligo  di convertire i frequentissimi decreti – legge, la possibilità per il Governo di obbligare la Camera ad approvare entro 75 giorni i suoi provvedimenti di legge.

Il premierato forte proposto dalla riforma, ha il significato di un uomo solo al comando, per di più essendo lo stesso il leader del partito che, anche se di maggioranza relativa risicata, avrà la maggioranza assoluta ( 54%) dei deputati.
Se la riforma costituzionale andasse in porto, il futuro governo potrebbe usare, e perfino abusare, dell’enorme premio di maggioranza per proporre altre svariate modifiche costituzionali.
Un partito, espressione di una minoranza di elettori, potrebbe modificare l’impianto dello Stato a sua piacimento.
Potrebbe dichiarare una guerra o inviare i militari all’estero con estrema facilità.
Il Parlamento, ancora composto in gran parte di nominati e di fatto subordinato al Governo, non avrebbe quasi nessuna autonomia di scelta.
 Non è vero che chi voterà si al referendum per la nuova costituzione (che è in effetti una cosa diversa da quella attuale) sia riformista e innovatore, mentre chi voterà contro, sarebbe conservatore.
Se chi vuole pretendere di modernizzare le istituzioni propende per un Parlamento dominato dal Governo; da una legge elettorale che può dare al 25% dei voti il 54% dei seggi dell’unico ramo del Parlamento che conterà, allora non avremo più uno Stato democratico e fondato sulle scelte degli elettori, ma solo un apparato di partito che dominerà la scena politica; imporrà le proprie scelte di convenienza momentanea, anche per le questioni più importanti, e influenzerà ogni attività dello stato.
Alla faccia del principio di rappresentanza; del federalismo; del decentramento amministrativo e in fin dei conti, della democrazia nel nostro paese.
  
Coloro che nel 2016 hanno votato contro la riforma costituzionale del Governo Berlusconi si troveranno in un bel dilemma.
O voteranno sì al referendum perché il Governo è cambiato e loro si allineano al Governo che si dichiara diverso e avversario di Berlusconi; ma allora dovranno rendersi conto di questa riforma verticalista  e accentratrice va nel solco tracciato da quella riforma bocciata. Oppure dovranno dire di avere cambiato idea e adesso va bene un Governo con un potere molto più forte.
Oppure dovranno rendersi conto di quello che andrebbero a votare, salvando così la Costituzione pluralista e democratica che i partiti, che hanno con dott o la resistenza al fascismo, ci hanno consegnato, Abbiamo l’onere di valorizzarla e attuarla. Non di sottovalutarla.


La riforma costituzionale oggetto del referendum d’autunno privilegia la governabilità sulla rappresentatività; elimina i contropoteri esterni alla Camera senza sostituirli; riduce il potere di iniziativa legislativa del Parlamento a vantaggio di quello del Governo; prevede almeno sette tipi diversi di votazione delle leggi ordinarie con pregiudizio della funzionalità del lavoro della Camera; nega l’elettività diretta del Senato (ancora prevista nella Costituzione) attribuendogli però residue funzioni legislative e di revisione costituzionale; rende irrilevante il voto dei senatori (ri dott i a 100) nelle sedute comuni del Parlamento; pregiudica il lavoro dei Senatori che sono anche Sindaci e consiglieri regionali, e che pertanto lavoreranno a part-time.

sabato 9 aprile 2016

Fine del principio di rappresentatività tutto il potere a pochi

Tutto ciò permetterà pertanto a un partito che avrà la maggioranza relativa, magari anche con il voto di meno del 50% degli elettori andati a votare, di potere ottenere una schiacciante maggioranza che domini il parlamento, per poi poter dare la fiducia ad un governo della propria parte formulando al 100% le leggi; esprimendo tutti i presidenti delle commissioni parlamentari; esprimendo un terzo dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura; nominando il Presidente della Repubblica e diversi giudici della Corte Costituzionale; con buona pace degli organismi di controllo che saranno tutti controllati dal partito di maggioranza relativa il quale, non avrà a sua volta controlli esterni e contrappesi dal punto dell’apparato costituzionale così modificato e snaturato.
In sostanza si andrà versa la dittatura di un solo partito magari anche minoritario, che sarà però dominato dal Governo, stanti i nuovi poteri che esso avrà.

Se poi il Segretario del partito e Presidente del Consiglio coincideranno, ci sarà il dominio assoluto sul paese di una corrente di partito.

venerdì 8 aprile 2016

Il sistema elettorale bara ! Il potere assoluto a deboli maggioranze

A tali riforme va collegato direttamente il nuovo sistema elettorale, in quanto esso ha precisi effetti sulla composizione di fondamentali organi costituzionali, quali la camera dei deputati, la cui modifica assume un ruolo centrale con questa riforma.
Si riatta infatti di un sistema che tende ad attribuire ad un unico partito la vittoria elettorale e il governo del paese. Viene infatti proposto un sistema che premia un unico partito quando questo riesce a prevalere, anche solo relativamente, addirittura non contemplando e abolendo le coalizioni. Tratto caratteristico di questo sistema è il fatto che se non solo partito supera la soglia del 40% esso avrà subito un premio di maggioranza che gli consentirà di avere la maggioranza assoluta nel parlamento, ovvero il 54% dei seggi.
Se nessuna lista raggiungerà il 40%, si svolgerà un ballottaggio tra le prime due liste, che potrebbero avere ottenuto in prima battuta percentuali anche inferiori al 25%; quella che prevale si aggiudicherà comunque il premio di maggioranza come sopra indicato, e potrà governare con percentuali di voto molto risicate e quindi con una rappresentatività minima dell’elettorato. Se poi il numero dei votanti, come sta accadendo ultimamente, diminuirà ulteriormente, allora avremo veramente dei governi in balia alle minoranze elettorali che sapranno organizzare il proprio voto.
C’è una soglia di sbarramento al 3% per cui il partito che su base nazionale non prenderà quella percentuale sarà del tutto escluso. I parlamentari saranno nominati dai partiti, che presenteranno delle liste bloccate, con il capolista automaticamente eletto se scatta il seggio.

Così saranno sempre eletti gli uomini di fiducia del Segretario, che esprime anche esso una parte sola del partito.

Meno autonomie locali ! Più burocrazia

Viene infatti abolita la legislazione concorrente tra Stato e Regioni, che assegna alio Stato alcune competenze legislative esclusive e alle regioni invece altre.
In questa maniera lo Stato avrà competenza su tutte le materie legislative, tra le quali le grandi reti di trasporto; l’ordinamento delle comunicazioni; la produzione, il trasporto e la distribuzione dell’energia; il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; la tutela della salute; della sicurezza del lavoro e delle politiche sociali; l’ordinamento della istruzione e formazione professionale che precedentemente erano state demandate, salvo provvedimenti quadro della legge nazionale di tipo larghissimo, alle competenze delle regioni.

Si introduce una clausola di “supremazia statale” che prevede che il governo possa modificare le legislazioni regionali, intervenendo su materie oggi di competenza esclusiva delle regioni, al fine di “omogeneizzare” la disciplina sul territorio nazionale. In questo modo si toma indietro rispetto al concetto di decentramento amministrativo dello Stato.

Il Governo condizionerà pesantemente chi dovrà fare le leggi

Il governo acquista ulteriori poteri, in quanto avrà diritto ad una votazione prioritaria dei disegni di legge dallo stesso proposti.
Già oggi, di fatto, il Parlamento lavora e funziona per lo più sulla base delle leggi proposte dal Governo, che praticamente occupano con prevalenza il campo della scena politica e impegnano i lavori del parlamento quasi completamente. Ma il Governo adesso potrà addirittura chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro cinque giorni dalla richiesta, la propria legge. Tale disegno di legge dovrà essere sottoposto a pronuncia definitiva entro il termine di 70 giorni. Si introduce così una vera e propria corsia preferenziale, codificata, per il Governo che farà sì che l’attività del Parlamento sia condizionata quasi interamente dalle scelte legislative imposte dal Governo stesso.
E’ così capovolto un primario cardine della repubblica parlamentare così come definito dalla Costituzione del 48.

Si modifica così un meccanismo che, nell’attuale costituzione, vedrebbe il governo sottoposto al controllo del parlamento. Si invertono invece le parti, facendo sì che il parlamento lavori quasi esclusivamente su impulso del governo.

mercoledì 6 aprile 2016

La maggioranza della camera nominerà tutti gli organi di garanzia

E’ previsto un nuovo sistema di elezione degli organismi costituzionali di garanzia quali ad esempio il Presidente della Repubblica, i Giudici costituzionali il Consiglio superiore della magistratura, ciré hanno, nell’impianto costituzionale, la funzione di essere garanti e controllori delle attività svolte dal Parlamento e dal Governo. Il Presidente della Repubblica, per esempio, potrà essere scelto dopo il settimo scrutinio (cosa che accade molto spesso) dai tre quinti dei votanti, e non dei componenti dell’assemblea. Pertanto basterà che il partito di maggioranza relativa si rechi in massa, dopo la sesta votazione, a votare il proprio candidato se non condiviso con altri, che questo sarà eletto da quel partito e non più dalla maggioranza delle forze politiche del Parlamento, come l’attuale Costituzione invece prevede.

Anche per quanto riguarda il sistema di elezione dei giudici costituzionali, tre di essi saranno nominati dalla Camera, a sua volta eletta con un sistema che prevede un forte premio di maggioranza, e che pertanto potrà non rappresentare l’effettivo orientamento dell’elettorato; mentre due Giudici potranno essere designati dai senatori, che non sono rappresentanti del popolo, bensì nominati dalle Regioni con i meccanismi che abbiamo visto precedentemente.

Le leggi le farà una camera dei deputati non rappresentativa dei cittadini

Il procedimento legislativo verrà del tutto stravolto perché non si faranno più leggi bicamerali, ma il senato potrà soltanto proporre modifiche per alcuni tipi di leggi, sulle quali in ogni caso si pronunzierà definitivamente la Camera dei deputati.
Il giudizio di costituzionalità sulle leggi elettorali è riconosciuto a un terzo dei senatori e a un quarto dei deputati, i quali potranno chiedere di sottoporre alla Corte Costituzionale le leggi elettorali, addirittura prima della loro promulgazione. Questo sarà in effetti un fatto problematico, in quanto non sono molto chiare le procedure che si applicheranno a tale giudizio preventivo. E inoltre, a meno che una legge non violi palesemente un dettato costituzionale, risulta assai difficile valutarne, in astratto e prima della sua entrata in vigore, il funzionamento e i problemi interpretativi e di attuazione che essa porrà. L’attuale sistema valuta le leggi quando sono operative, e non precedentemente. Questa novità potrebbe essere utilizzata in modo politico per bloccare leggi che sono invise alla maggioranza dei deputati, che non sarà necessariamente rappresentativa della maggioranza degli elettori, come si dirà più avanti.

lunedì 4 aprile 2016

Il Senato non viene abolito viene reso una larva inutile, ma ne pagheremo ancora il costo

Verranno nominati 100 senatori rispetto ai 315 attuali, di cui 74 saranno consiglieri regionali, 21 saranno sindaci eletti dai consigli regionali, e 5 verranno nominati dal Presidente della Repubblica.
Il Senato non avrà più la stessa funzione della Camera dei Deputati, ma parteciperà marginalmente al procedimento legislativo e dovrà limitarsi a funzionare come organo intermedio tra lo Stato e gli enti territoriali, non avendo tuttavia funzioni specifiche di rapporto con le politiche e le attività delle pubbliche amministrazioni locali.
In tal senso, il molo politico e costituzionale del senato risulta svincolato dalle amministrazioni locali e non precisamente determinato perché, anche se rappresenterà gli enti territoriali, svolgerà comunque funzioni politiche e istituzionali non omogenee all’attività di tali enti.
Anche le modalità di scelta dei senatori sono tutt’ora non chiare e indeterminate, e la loro nomina è demandata a una successiva legge ordinaria. Non è stato chiarito neppure come verranno scelti i 21 sindaci- senatori, ed è stata introdotta la figura dei senatori di nomina presidenziale, a tempo, con mandato di sette anni. Il che comporterà che questi neo senatori saranno completamente dipendenti dalla presidenza della repubblica, mentre attualmente ne sono del tutto svincolati.

La Costituzione non è Vecchia. E’ ancora Inattuata

Al di là del fatto che l’odierna Carta costituzionale non sembra essere ancora logora e superata dal punto di vista dei principi dell’organizzazione dello Stato e del suo ordinamento, nonché del funzionamento delle istituzioni, va rilevato come molte parti di quella Costituzione, contrariamente alla volontà del legislatore costituente del 48, non siano stati concretamente attuati con coerenti atti legislativi.
Il limite attuale della costituzione è infatti rappresentato dalla sua non completa attuazione rispetto a principi come il diritto al lavoro, il diritto alla casa, una legislazione tributaria effettivamente progressiva, la eliminazione delle differenze sociali e personali all’interno della società, tanto per citare solo alcuni esempi che, una volta attuati, renderebbero sicuramente la nostra Costituzione più completa e più adeguata alla società in cui stiamo vivendo.

Per tale motivo si ritiene che non serva modificare alcune parti essenziali della carta costituzionale, ma semplicemente dare ad essa piena e completa attuazione.